“Non esiste memoria se non in quanto ripresa e ricostruzione di resti: macerie e residui di azioni trascorse, la cui presenza e il cui inciampo parlano la lingua delle cose.
Quella lingua in cui anche Walter Benjamin ebbe sentore, riconoscendo in essa la radice di un’affinità sostanziale e muta, che la lingua degli umani può tradurre in parola sonora e in comunicazione silenziosa. (Chissà che non faccia proprio questo, la bocca socchiusa nel canto, il suo sospeso, stupefatto Angelo Nuovo).
Tradurre le macerie in nuovi sensi d’azione, sarebbe allora il lavoro possibile per coloro che restano, mentre si dispongono a lasciar che il loro stesso restare divenga maceria in cui altri, forse potranno inciampare”
– Cit. Flonda Cambria e Mario Biagini –